Credere o non credere nel fato? Margherita Hack non ci credeva, non credeva a nulla di soprannaturale, religioso, predefinito, pseudoscientifico, ma – vediamola così – è una bella coincidenza per una che ha fatto dello studio delle stelle una delle sue ragioni di vita, essere nata nei pressi di Campo di Marte, in quella via Caselli che fa angolo con via Centostelle. Ancora piccola, 4 o 5 anni, si trasferì a via Ximenes (astronomo!), fuori Firenze, vicino al colle di Arcetri dove c’è l’osservatorio e dove Galileo trascorse gli ultimi anni della sua vita.
Lei però non ci credeva, ci rideva su e scrollava le spalle…
La gioventù
Margherita Hack nacque il 12 giugno del 1922. Fu un anno particolare quello, un anno in cui cominciavano ad addensarsi all’orizzonte le dense nuvole che avrebbero proiettato sul mondo intero un’ombra scura e persistente negli anni a venire. Fu l’anno della salita al potere di Stalin, poche settimane prima che Lenin fosse colpito dal primo dei due ictus che alla fine l’uccisero; a dicembre di quell’anno nacque l’URSS, e fu l’anno della marcia su Roma, che consegnò definitivamente il nostro Paese nelle mani del fascismo. Ma, d’altro canto, fu anche l’anno in cui si spalancavano d’un tratto le porte della moderna cosmologia, grazie al lavoro di Edwin Hubble e di Henrietta Swan Leavitt, che qualche anno prima aveva scoperto la celebre relazione periodo-luminosità delle Cefeidi (si veda il box di fianco – Cefeidi che furono tra l’altro l’oggetto della tesi di Margherita Hack) e cambiava completamente la visione dell’universo, che fino a quel momento si riteneva interamente confinato nella nostra Galassia!
Fascista fino all’età di 16 anni, come tutti i giovincelli di allora – erano le generazioni dei “balilla” – divenne antifascista convinta nel 1938, quando in Italia furono promulgate le leggi razziali e Margherita Hack si rese conto che molti suoi amici ebrei e professori furono costretti ad abbandonare la scuola. E fu “rimandata a settembre” nel 1940 con un sette in condotta e venti giorni di sospensione perché a scuola protestò, venendo quasi alle mani con alcune compagne fasciste e davanti a professori apertamente fascisti, contro l’ideologia del fascio, contro l’ormai imminente entrata in guerra, contro Hitler e contro l’invasione di Polonia, Olanda e Belgio. Però, per fortuna (!), proprio l’entrata in guerra dell’Italia nel giugno del ’40 la fece “passare” con i voti del primo quadrimestre, come tutti quell’anno. La Hack scrive che era ormai diventata antifascista, e non per amore di un regime democratico – che non aveva mai conosciuto, essendo nata l’anno della marcia su Roma – “ma per un senso di giustizia e di rispetto della persona“, un punto fermo etico e morale che la guiderà in tutta la sua vita.
All’università si iscrisse a Lettere ma, come lei stessa raccontò in un documentario del 1980, ci mise meno di due ore a “fuggire dal quel mare di chiacchiere” per iscriversi a Fisica…
IL MATRIMONIO
Sembra una parentesi del tutto marginale per una scienziata presa dal suo lavoro e soprattutto atea dichiarata e convinta, ma il matrimonio con Aldo De Rosa è forse “IL” passaggio decisivo nella vita di Margherita Hack. E questo perché sembra un altro di quei giochetti del destino, che più non ci credi e più ci incespichi.
I due si conoscevano da piccoli, sono praticamente cresciuti insieme. La Hack racconta che era l’estate del ’33 quando si conobbero, avevano lei 11 anni e lui 13, poi Aldo partì e non si rividero più. Si incontrarono di nuovo, per caso, all’università, nel 1943, dove non è che si sopportassero poi così tanto, lei a Fisica e lui a Lettere. Ma si sa, “gli opposti si attraggono” (“imprevedibile, timido, sognatore, come un extraterrestre, il mio opposto..:”, diceva Margherita), “l’amore non è bello se non è litigherello” (“si leticava sempre, non mi ricordo poi com’è finita che ci siamo innamorati e addirittura sposati…“), e via così di famosi adagi, saggezza popolare e aneddoti.
Sta di fatto che si sposarono pochi mesi prima della fine della seconda guerra mondiale, pochi mesi prima che gli Alleati liberassero Firenze, in una chiesetta piccola, anonima (San Leonardo in Arcetri), più “per far contenta la mamma di lui“, cattolica, racconta ancora Margherita, e rigorosamente senza vestito bianco, “un cappotto rivoltato di color celeste… credo!“. Sette o otto presenti e una spaghettata in una trattoria lì vicino furono il primo passo di un’intera vita insieme, con lui sempre al suo fianco, anche se timido e schivo. Legati fino alla fine, sono morti a poco più di un anno di distanza l’uno dall’altra, e sepolti ancora insieme al cimitero di Sant’Anna a Trieste.
LA CARRIERA SCIENTIFICA
La carriera scientifica di Margherita Hack è costellata di successi in un mondo, e in un’epoca, in cui le donne in Italia si laureavano, certo (nel 1945, quando il 15 gennaio si laureò, le donne laureate erano un quarto del totale), ma poi non avevano sbocchi accademici. Si laureò con Giorgio Abetti, fisico solare di fama internazionale, e con Mario Girolamo Fracastoro, attivo nel campo dell’astronomia solare e dell’astrometria. La sua tesi riguardò la variabile cefeide FF Aquilae (si veda a tal proposito l’approfondimento nel riquadro a fianco).
Fu precaria, fu assistente volontaria (a gratis, per intenderci), fu calibratrice di telescopi in un’azienda per mantenersi, ma poi se ne andò all’estero, e lì lavorò con i nomi più importanti della fisica e dell’astronomia, prima in Francia (all’Institut d’Astrophysique di Parigi, con Daniel Chalonge), poi in Olanda (Università di Utrecht e Groningen), poi all’Università di Berkeley (con Otto Struve, medaglia d’oro della Royal Astronomical Society), poi all’Institute for Advanced Studies di Princeton (con Oppenheimer, il capo del progetto Manhattan, vi dice nulla?), poi all’università di Città del Messico, poi a quella di Ankara… Con Otto Struve, uno dei massimi esperti nello studio delle stelle nell’ultravioletto, pubblicò nel 1969 un manuale in due parti, Stellar Spectroscopy (Normal stars e Peculiar stars), che ancora oggi è tra i testi d’elezione per la spettroscopia stellare.
Poi, nel 1964, vince il concorso per la cattedra di Astronomia a Trieste, e com’era consuetudine per i vincitori di quella cattedra, divenne direttrice dell’osservatorio astronomico di quell’università, prima donna in Italia! Così per 23 anni, portando l’Osservatorio astronomico di Trieste a diventare un modello di riferimento in Italia, in Europa e nel mondo.
LE CEFEIDI
Le cefeidi sono stelle giganti “pulsanti”, nel senso che, come un cuore, variano il proprio diametro da un minimo ad un massimo in un determinato periodo di tempo. La contrazione e l’espansione avvengono seguendo un ciclo molto regolare, che può durare ore o mesi, e la loro luminosità varia conseguentemente, aumentando durante l’espansione – con l’aumento di temperatura della stella – e diminuendo alla contrazione – con la diminuzione di temperatura -. Il prototipo di questa tipologia di stelle variabili è delta Cephei, da cui il nome, che però non è stata la prima cefeide ad essere scoperta. La prima fu infatti eta Aquilae nel 1784, pochi mesi prima di delta Cephei, ma forse Aquilidi non era un granché come nome…
Queste stelle, tipicamente qualche migliaio di volte più luminose del Sole, sono indicatori di distanza piuttosto precisi. La misura dell’intensità luminosa di una sorgente, effettuata con strumenti chiamati fotometri, dipende dalla sua distanza, in quanto varia con l’inverso del quadrato di quest’ultima. Un esempio chiarirà il concetto: due fari posti a 2 e 3 km da noi che hanno la stessa intensità luminosa di uno posto ad 1 km da noi ci sembreranno, rispettivamente, 4 volte e 9 volte meno luminosi del primo.
Lo stesso vale con le Cefeidi, delle quali conosciamo l’intensità luminosa assoluta perché è legata al loro periodo di pulsazione da una relazione del tipo
M = A + B log(P)
in cui A e B sono costanti, M è la magnitudine assoluta e P è il periodo di pulsazione. La scoperta di questa legge si deve ad una donna – sembra superfluo dirlo oggi, ma allora era un caso unico nel panorama astronomico -, Henrietta Swan Leavitt, in uno studio su un gruppo di variabili nella Piccola Nube di Magellano, tra il 1908 ed il 1912, e pose fine definitivamente al “Grande dibattito”, la discussione sulle dimensioni dell’universo, che fino a quel momento molti ritenevano essere grande “solo” quanto la nostra galassia.
LE BATTAGLIE PER I DIRITTI CIVILI
Atea “fervente e praticante”, seguiva principi etici e morali molto più forti di quelli che può sbandierare qualsiasi cattolico “fervente e praticante”, perché era convinta che fosse la coscienza, in quanto prerogativa intrinsecamente umana, insita cioè in ognuno di noi e non dettata da alcuna sovrastruttura religiosa, a guidare le scelte etiche degli individui.
E la sua morale, la sua etica, l’hanno fatta diventare – alcune volte suo malgrado – icona di tantissime battaglie civili, in cui il fil rouge era sempre l’eguaglianza dei diritti tra individui, della libertà individuale coltivata però nel pieno rispetto del prossimo, si trattasse delle battaglie sul fine vita (si veda il caso Englaro, ad esempio), o di quelle per la parità dei diritti tra coppie omosessuali ed eterosessuali, soprattutto relativamente alle coppie di fatto, o ancora quelle sulla “legge 40” sulla procreazione assistita.
Margherita Hack e Corrado Lamberti, come ritratti nell’editoriale del n.1 di Le Stelle, novembre 2002. Ma come si fa a non voler loro bene?
UN RICORDO PERSONALE
Margherita Hack ha scritto innumerevoli pubblicazioni e libri, anche grazie a suo marito Aldo, che la stimolò già nella metà degli anni ’50 ad intraprendere la collaborazione con il “Nuovo Corriere di Firenze” e, a dedicarsi alla divulgazione. Ma resta indissolubilmente legata ad un periodico che ha segnato in maniera indelebile il modo di impostare e pubblicare i contenuti delle riviste scientifiche. Uscita con il primo numero alla fine del 1979, “l’Astronomia – Bimestrale di scienza e cultura” è stata una specie di miracolo, con 30.000 copie vendute sin da subito, alla prima uscita. E questo la dice lunga su quanta passione per le cose del cielo e quanta fame di scienza, soprattutto di astronomia, ci fosse in quel periodo.
Margherita Hack era la direttrice – e Corrado Lamberti il deus ex machina – e non temo smentite nello scrivere che quella rivista ha instillato passione e ispirato più di una generazione di astronomi professionisti, oltre ad aver fatto nascere ed essersi “presa cura” di una serie pressoché infinita di astrofili, tra cui il sottoscritto. Non solo, ma felicissima fu l’intuizione di Aldo De Rosa, marito di Margherita Hack, di unire ai contributi scientifici articoli di rilevante – e coerente – contenuto umanistico (da qui il “Bimestrale di scienza e cultura” nel sottotitolo). Leggere l’Astronomia è un piacere per l’appassionato di astronomia, di scienze ed anche di storia e letteratura. Una combo eccezionale, e mai più ripetuta con quell’attenzione e quella qualità. Una “commistione di generi” che – molto più in piccolo – trovate anche tra le pagine e nei podcast di “Mitiche Stelle”.
Nel 2002, dopo 23 anni, Corrado e Margherita lasciarono l’Astronomia per… chiamiamoli dissapori con l’editore, ma eccoli ancora una volta insieme in una nuova avventura, entrambi come direttori, entrambi con rinnovato entusiasmo, entrambi quasi con un’incoscienza che mai ti aspetteresti da due compassati professori. Una nuova rivista mensile, Le Stelle, nata nel novembre del 2002, sulla quale ho avuto la fortuna ed il grande onore di scrivere, sotto la loro guida, qualche decina di articoli su planetologia, cosmologia e impatti meteorici.
Se dovessi scegliere un solo aggettivo per descrivere Margherita Hack, tra i mille e mille che le si cucirebbero addosso come un abito di alta sartoria sceglierei senz’altro Libera. Donna libera, fin da bambina, scienziata libera (lottò con le unghie e con i denti per le sue ricerche, soprattutto agli inizi), libera pensatrice (icona di tante battaglie politiche e sui diritti civili), atea (che poi è solo un’altra forma di libertà), Margherita è stata una fulgida “figlia delle stelle” che ha brillato in vita e che, a quasi 10 anni dalla morte, ancora brilla di luce vivida nei ricordi e nelle coscienze di chi la amata e rispettata.