La tredicesima costellazione, l’Ofiuco, nell’Uranometria, l’atlante stellare di Bayer (1603).
Durante le serate di MiticheStelle, c’è un argomento sul quale gli ospiti sono più preparati del relatore: i “segni zodiacali”! Eh sì, i segni zodiacali (o meglio, le costellazioni zodiacali) sono un argomento ben conosciuto. Ma c’è un ma, un grande ma: la tredicesima costellazione zodiacale. Su questa crollano tutte le certezze…
Scherzi a parte, le costellazioni zodiacali sono 13 e non 12. Ma perché?
Già Arato descriveva l’Ofiuco come intento a calpestare lo Scorpione, e questo è quanto raffigurato nelle carte stellari del Rinascimento fino agli inizi della modernità; addirittura, in alcune versioni delle carte stellari, come quella di Keplero, anche lo Scorpione sembra ricambiare le “attenzioni” del Serpentario, minacciando di pungerlo. Ciò fa dell’Ofiuco una costellazione zodiacale, almeno per quanto riguarda gambe e piedi.
Ed è questo ciò di cui si parlerà nell’articolo dedicato alle tredici costellazioni dello Zodiaco in Basi Teoriche, ma in questa sede ci dedicheremo proprio alla tredicesima costellazione, l’Ofiuco, che si può trovare in cielo tra le costellazioni del Sagittario e dello Scorpione a sud, Ercole e Lira a Nord, Scudo e Aquila a Sud-Est e la triade Bilancia-Vergine-Bootes a Sud-Ovest.
Ofiuco non è un nome proprio, deriva dal greco Ofiôuchos (in latino Ophiūchus) che significa, “portatore del serpente”, “serpentario”, “colui che domina il serpente”. Nei vari atlanti è rappresentato come un omone che stringe con le due mani la costellazione del Serpente, che il corpo stesso dell’Ofiuco interrompe dividendola in testa del serpente, tenuta con la mano sinistra, e coda del serpente, tenuta con la destra. In alcune versioni, come quella dell’Uranometria in copertina, la tredicesima costellazione è girata di spalle, invertendo l’ordine delle mani.
Il mito
Il mito è nato probabilmente tra i Fenici (in cui il Serpentario era uno dei Cabiri, dei Grandi dei) e quindi, attraverso l’Egitto, giunto in Grecia. Qui, l’Ofiuco è Asclepio, figlio di Apollo e Coronide , ed è il dio della medicina per eccellenza, l’Esculapio dei latini.
Apollo si innamorò di Coronide guardandola mentre faceva il bagno, si unirono e la bella Coronide (nome sembra derivato da “Cornacchia”) rimase incinta del dio. Una delle volte in cui Apollo dovette andare a Delfi, la lasciò in compagnia di un bellissimo e candido corvo (eh sì, completamente bianco, come erano i corvi allora secondo il mito) per tenerla d’occhio.
Coronide, che era segretamente e da lungo tempo innamorata di un altro, di nome Ischis, ne approfittò per qualche ora di passione, e il corvo, zelante, riportò subito la notizia al dio. Questi, invece della sospirata ricompensa, lo maledì rendendo le sue piume e quelle di tutte le generazioni successive, nere come il carbone.
Secondo una versione del mito, Apollo colpì a morte Coronide con una freccia, secondo un’altra il dio si lamentò con sua sorella Artemide e fu questa a scaricarle addosso non una freccia, bensì l’intero “caricatore”, l’intera faretra. Ma quando era già sulla pira, in un momento di lucida pietà per l’innocente vita che portava in grembo, Apollo si fece aiutare dal fratello Ermes per far nascere il piccolo Asclepio. Ma a chi affidare il bambino? A chi, se non al saggio centauro Chirone (rappresentato in cielo proprio dalla costellazione del Centauro), lo stesso centauro che educò tutta una serie di eroi e dei nella mitologia greca, da Aiace ad Achille, da Enea ed Eracle, da Giasone a Teseo. Chirone fece con maestria quello che faceva sempre, educò il piccolo come suo figlio e lo iniziò alle arti mediche, ed Asclepio divenne talmente bravo che cominciò addirittura a resuscitare i morti. I miti raccontano che questo dono dipendesse non solo dagli insegnamenti del centauro, ma anche dal dono ricevuto dalla zia Atena di poter scambiare il suo sangue con quello di Medusa, la Gorgone che sarà uccisa da Perseo. Grazie ad esso, se il sangue di Ascepio sgorgava dalla parte sinistra del corpo era velenoso, dalla parte destra, miracoloso e capace di far rinascere i morti.
Apollo uccide Coronide (Domenichino e la sua scuola, 1616-1618 – Affresco staccato dalla Villa Aldobrandini di Frascati, ora alla National Gallery di Londra).
Apollo uccide due Ciclopi (Domenichino e la sua scuola, 1616-1618 – Affresco staccato dalla Villa Aldobrandini di Frascati, ora alla National Gallery di Londra).
Ma qui la storia, per Asclepio, prende una brutta piega. Le versioni del mito sono diverse e raccontano di un Ade, dio dei morti, talmente preoccupato di perdere “clienti” da salire addirittura sull’Olimpo per protestare con Zeus. Altre invece sostengono che fosse lo stesso Zeus ad essere preoccupato di quell’insulso nipote, poiché instillava nei mortali l’idea che potesse non esserci differenza tra uomini e dei, venendo meno la morte. In tutte le versioni è comunque la mano di Zeus, per tramite delle sue folgori, a porre fine alla vita di Asclepio.
E Apollo? Il dio del Sole la prese bene, non c’è che dire. Si presentò dai Ciclopi, i fabbricanti delle folgori di Zeus, e li sterminò uno per uno. Per placarne l’ira, e forse anche un po’ pentito per aver tolto così d’impulso la vita a suo nipote, Zeus portò in cielo l’anima di Asclepio come, appunto, la tredicesima costellazione dell’Ofiuco, rendendolo immortale.
Ma perché la tredicesima costellazione è rappresentata con un serpente?
Il serpente è un attributo del dio da quando, raccontano i miti, Asclepio resuscitò Glauco, figlio del re di Minosse, che a Creta era imprudentemente annegato in una botte di miele. Il mito narra che un serpente si presentò al dio in quel frangente e fu ucciso. Un altro serpente, vista la scena, raccolse dell’erba e la posò sul compagno morto, facendolo rivivere. Asclepio prese allora la stessa erba e la spalmò sul torace del piccolo, che fu così strappato alla falce della morte. Del resto, gli antichi credevano che i serpenti rinascessero ogni anno cambiando pelle…
Anche nel mito latino Esculapio è profondamente legato al rettile, e la storia ce la racconta Valerio Massimo. Siamo alla fine del III sec. a.C. e a Roma era periodo di peste. Su mandato dei Pontefici, il Senato incaricò una delegazione di 10 uomini, a capo Quinto Ogulnio, di andare ad Epidauro per procurarsi una statua del dio da conservare nel sancta sanctorum del tempio che gli si voleva costruire per ingraziarsene gli artifici in quel periodo difficile. Ad Epidauro apparve loro il dio che, sotto forma di un serpente gigante, si adagiò benevolo nella triremi in attesa del viaggio di ritorno. Ebbene, dalla barca che trasportava la statua sul Tevere un serpente si tuffò in acqua e nuotò verso l’isola Tiberina. Questo fu intepretato cone un segno e lì il tempio fu costruito (pare ci sia una medaglia di Commodo a commemorare l’evento). A conferma di quell’antico legame tra l’isola Tiberina ed il dio, oggi su quell’isola si erge l’ospedale San Giovanni Fatebenefratelli.
Perché l’Ofiuco è stato escluso per secoli dal conto delle costellazioni dello zodiaco?
Questa, per la verità, è una domanda alla quale non vi è una risposta univoca. Le colpe, se così le vogliamo chiamare, sono attribuibili ad una questione pratica e ad una questione religiosa.
La questione pratica è che l’uomo ha imparato molto presto nella sua evoluzione a misurare il tempo, e lo Zodiaco rappresentava un calendario abbastanza preciso che teneva conto del fatto che gli eventi, nel corso degli anni, tendono a ripetersi (l’arrivo della primavera, quello dell’inverno, le alluvioni, la mietitura…). I Sumeri e gli Assiro-Babilonesi avevano adottato per tutte le loro misurazioni un sistema numerico a base 12 che si sposava bene con i cicli lunari (12 circa in un anno) e con le 12 costellazioni dello Zodiaco (12 beru – settori – da 30° l’uno), tanto che divisero in 12 settori da due ore anche il giorno. Sostanzialmente, questo sistema è rimasto fino ad oggi, pur con tutte le correzioni del caso. In questo sistema così ben collimato, è evidente che inserire una tredicesima costellazione equivaleva a scombinare il tutto.
La questione religiosa è la più assurda, ma purtroppo le sue basi hanno contaminato il pensiero dell’uomo per tutti i secoli bui del medio evo, rallentando se non frenando un progresso dell’umanità che avrebbe potuto essere ben più spedito. Tale questione si basa sul cristianesimo e su alcuni dogmi dell’aristotelismo da esso adottato.
E’ un dato di fatto che il Cristianesimo ce l’avesse con i serpenti. Il serpente convinse Eva a contravvenire al dettato di Dio e spingere Adamo a staccarla dal ramo, il serpente fu maledetto da Dio (Genesi, 3,15: “Io porrò inimicizia tra te e la donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno”), e via discorrendo. Sovvertire l’ordine astronomico e l’immutabilità dei cieli – forse il dogma aristotelico più caro al Cristianesimo – con una tredicesima costellazione che metteva in bella mostra proprio un serpente, era fuori discussione! Ma, come dicevano anche i Greci, il destino, il Fato, si fa beffe anche degli dei, e proprio dalla vituperata tredicesima costellazione, proprio dall’Ofiuco, venne la prima bastonata al dogma aristotelico e le prime conferme ai modelli eliocentrici di Copernico.
Ma questa è un’altra storia, che merita di essere raccontata nel dettaglio…