Le aree blu in questa immagine composita registrata dal Moon Mineralogy Mapper (M3) a bordo dell’orbiter Chandrayaan-1 dell’Indian Space Research Organisation indicano l’acqua concentrata ai poli della Luna. Negli spettri di alcune delle rocce nella zona sono stati trovati segni di ematite (fonte: ISRO / NASA / JPL-CalTech / Brown University / USGS).
Il titolo “Ruggine sulla Luna” è certamente più accattivante, più invitante di un più tecnico ma più corretto “Rinvenuti ossidi di ferro sulla superficie della Luna”, ma la stampa ci ha ormai abituato a titoli come questo o ad altri simili, come “La Luna sta arruginendo?”, in cui il “senso” esula o esaspera il “fatto”.
La Luna non sta arruginendo perché certo non è fatta di ferro – ci mancano solo “assist” simili tra i neuroni di qualche terrapiatto-complottista – ma polveri di ferro sono presenti tra la regolite lunare. In tali polveri, soprattutto nelle zone dei poli lunari rivolte verso la Terra, sì, questo ferro si sta ossidando, e quindi in buona sostanza, sta “arruginendo”.
Innanzitutto, qualche rigo di chimica per ricapitolare conoscenze neanche troppo tecniche acquisite al liceo. Perché un elemento si ossidi, c’è bisogno di un ossidante. Sulla Terra, il ferro arruginisce perché ossigeno e acqua fungono da ossidanti, rubandosi gli elettroni del ferro ferroso e trasformandolo (ossidandolo) in ferro ferrico, imprigionato nelle molecole di ossido ferrico, che sono il componente principale dell’ematite (Fe2O3).
Ok, sulla Terra, ma sulla Luna? Lì non c’è né l’ossigeno né l’acqua, nemmeno se volessimo chiamare in causa i giacimenti di acqua ghiacciata scoperta nel fondo di alcuni crateri ai poli, poiché il satellite indiano Chandrayaan-1 che ha rilevato l’ematite, l’ha scovata in posizioni diverse da quelle in cui fu registrata la firma dell’acqua. E allora questi ossidanti (acqua e, soprattutto, ossigeno) da dove provengono?
Lo scenario, però, è molto più complesso.
Non è solo la mancanza di un ossidante che va spiegata, ma anche come e perché una reazione di ossidazione si verifichi in un ambiente, come quello lunare, che oltre a non avere ossidanti, è anche continuamente bombardato da una specie riducente come l’idrogeno, che arriva in abbondanza sul nostro satellite con il vento solare. La Luna, infatti, non ha un campo magnetico in grado di schermarla dalla radiazione solare, per cui l’idrogeno solare si dovrebbe comportare da poliziotto e “ridurre” il reato di furto di elettroni, rendendo altamente improbabili le condizioni della reazione di ossidazione del ferro che porta alla formazione dell’ematite registrata dallo strumento Moon Mineralogy Mapper (M3) a bordo del satellite Chandrayaan-1.
A dare una mano agli scienziati nel risolvere questo intricato puzzle sono giunti i dati della sonda (giapponese, questa volta) Kaguya, “principessa splendente”, che ha rilevato come la coda magnetica terrestre possa trasportare ioni e molecole dall’alta atmosfera terrestre fino alla Luna.
Ma cos’è la coda magnetica?
Se la Terra non ruotasse intorno al Sole, ma solo su sé stessa, il campo magnetico sarebbe essenzialmente sferico, ma siccome la Terra si muove nello spazio in “caduta continua” verso il Sole (ad una velocità media di 107.000 km all’ora!), il campo magnetico ha la forma di un’ellisse molto allungata nel verso opposto al moto. Questa coda, per alcuni giorni di ciascuna orbita lunare, riesce a proteggere il nostro satellite dal bombardamento solare (riducendo notevolmente o impedendo del tutto l’arrivo del’idrogeno riducente) e contemporaneamente le “dona” un po’ delle nostre molecole, tra le quali l’ossigeno ossidante.
E l’acqua? Da dove arriva?
Manca solo l’acqua quindi. Questa non arriva dalla Terra e, come visto, non arriva neanche da quella ghiacciata sul fondo dei crateri lunari protetti dalla radiazione solare diretta.
L’acqua, o meglio lo ione ossidrile (OH-) necessario alla reazione di ossidazione del ferro potrebbe giungere dagli impatti di piccoli corpi sulla superficie lunare. Esperimenti di laboratorio (qui il link, se volete approfondire: Science Advances, 25 Apr 2018, Vol. 4, no. 4, eaar2632) hanno infatti confermato che se un impatto di una condrite carbonacea, notoriamente ricca in acqua, avvenisse in determinate condizioni dinamiche (al di sotto di un certo valore di velocità e ad un’inclinazione non troppo spinta), fino al 30% dell’acqua contenuta potrebbe conservarsi. Ecco quindi che piccoli impatti potrebbero liberare lo ione ossidrile necessario a reagire con il ferro ferroso presente nella regolite lunare per originare ossidi di ferro e, in buona sostanza “arrugginire” la Luna…