Rappresentazione artistica, non in scala, della magnetosfera di Giove (fonte: NASA / CXC / M. Weiss).
Che Giove sia una fonte di sorprese non è certo una novità. Altrettanto il fatto che sia una fonte di raggi X. Ma ciò che non è chiaro è il meccanismo alla base di tale flusso. Il tutto è complicato da due osservazioni recenti. La prima è della sonda Cassini, in viaggio verso Saturno: circa un anno e mezzo fa, la Cassini stabilì con le registrazioni dei suoi strumenti che non esisteva alcuna correlazione tra i picchi del flusso del vento solare e le emissioni X di Giove.
Immagine ripresa dal Chandra X-Rays Observatory il 18 Dicembre 2000 che mostra uno dei picchi X con periodo di circa 45 minuti ai poli di Giove (fonte: NASA / CXC / UCL / W. Dunn et al.).
La seconda proviene dalle immagini più dettagliate mai ottenute alla lunghezza d’onda X di Giove, scattate dall’osservatorio orbitante Chandra. Da queste immagini si evince chiaramente la presenza di una fonte pulsante di raggi X, con periodo di circa 45 minuti (v. figura), alle latitudini più elevate del gigante gassoso.
Si fa quindi più arduo il lavoro teorico che deve spiegare il fenomeno: non cade completamente l’ipotesi solare, come non cade completamente una delle prime spiegazioni del flusso X, cioè l’urto tra le molecole dell’atmosfera di Giove e la caduta costante di ioni zolfo e ossigeno provenienti da Io e accelerati dal campo magnetico del pianeta.
Resta da fare una ulteriore analisi: bisognerebbe ottenere uno spettro X dettagliato delle aurore di Giove al fine di
scoprire quali elementi sono presenti: se ci si trovasse zolfo, sarebbe quasi certa un’origine interna alla magnetosfera; se ci si trovasse, invece, carbonio o azoto, si potrebbe confermare l’ipotesi che chiama in causa il vento solare.
(Piter Cardone – Pubblicato su “AstroEmagazine” n. 22, Maggio 2002, pag. 14)