Scheletro di Mammouth fotografato all’American Museum of Natural History di New York. © Piter Cardone – Mitiche Stelle
Che i crateri da impatto abbiano avuto un ruolo del “dirigere” l’evoluzione della vita sul pianeta Terra è ormai un assunto verificato ed accettato. Basti pensare all’esempio più celebre di tutti, il cratere da impatto di Chicxulub, sulla penisola dello Yucatan nel golfo del Messico. Provocato da una cometa/asteroide che ha impattato la Terra 66 milioni di anni fa, stroncò il dominio dei grandi rettili, che andava avanti indisturbato da alcune centinaia di milioni di anni. Come tutti sanno, da quel disastro i Mammiferi seppero colonizzare le nicchie ecologiche lasciate libere dai dionsauri e divennero i nuovi dominatori del mondo.
Non tutti gli impatti hanno avuto conseguenze così catastrofiche, dipendendo queste ultime soprattutto dalle dimensioni dell’oggetto (nel caso del golfo del Messico, si ritiene che la cometa/asteroide avesse un diametro compreso tra gli 8 e i 10 km, sufficienti a creare un cratere di circa 200 km di diametro). Impatti più piccoli possono comunque aver avuto un ruolo preponderante nel causare qualche piccola “deviazione”. E’ il caso dell’impatto meteorico verificatosi circa 13.000 anni fa nella Groenlandia nord-occidentale, un impatto che, se resisterà alla verifica delle prove, potrebbe aver cambiato il destino del genere umano, intervenendo drasticamente sulle fasi finali dell’ultima glaciazione. Il suo cratere è stato ritrovato nel 2015 sotto una coltre di ghiacci spessa circa un chilometro da Kurt Kjær, del Museo di Storia Naturale della Danimarca a Copenaghen, il quale si è insospettito dalla forma quasi perfettamente circolare di un’enorme depressione sotto il ghiacciaio Hiawatha, un ghiacciaio che scivola lentamente, per circa un chilometro, verso l’Oceano Artico. Un anno dopo, nel 2016, grazie ad una collaborazione tra il Goddard Space Flight Center della NASA (che possedeva i dati di oltre 15 anni di studi nella zona), la base aerea americana di Thule e scienziati tedeschi, il tutto finanziato dalla Carslberg Foundation (eh sì, proprio la Carlsberg, quella della birra!), un DC-3 che portava un nuovo radar in grado di penetrare la spessa coltre ghiacciata ha effettuato numerosi passaggi sul ghiacciaio per mappare tale depressione.
Fig. 1. Geomorfologia e glaciologia del ghiacciaio Hiawatha, nella Groenlandia nord-occidentale.
(A) Vista della reione della Groenlandia nord-occidentale, in cui si vede la posizione relativa del ghiacciaio. L’area in magenta identifica la posizione delle strutture in B e C.
(B) Rilievo della superficie di Hillshade basato sul mosaico ArcticDEM, che illustra caratteristiche come ondulazioni superficiali. Le linee rosse tratteggiate sono i contorni dei due paleochannel subglaciali. Le linee blu sono contorni del bacino, cioè blu pieno la linea è subglaciale e la tratteggio è supraglaciale.
(C) Topografia del letto basata sui rilevamenti radar 1997 al 2014, dati della NASA e Alfred Wegener Institute 2016 (AWI). I triangoli neri rappresentano i picchi dei bordi elevati dai radargrammi e i cerchi viola scuro rappresentano i picchi nel sollevamento centrale.
Snoccioliamo un po’ di numeri: con 31 km di larghezza, una profondità di 300-350 metri e la presenza di almeno 5 picchi centrali che si rialzano dal fondo del cratere per una cinquantina di metri (una caratteristica che escluderebbe le ipotesi che spiegano il bacino con il residuo di una caldera vulcanica e gioca decisamente a favore dell’ipotesi extraterrestre), questo impatto è tra i 25 maggiori impatti subiti dalla Terra di cui si è a conoscenza, ed è stato provocato presumibilmente da un meteorite ferroso di circa 1,5 km di diametro e 10/12 miliardi di tonnellate di peso, penetrato nell’atmosfera a 20 km al secondo ed in grado di sprigionare un’energia pari a 45-50 mila volte la bomba atomica di Hiroshima. La sua datazione è piuttosto incerta, ma è sicuramente successiva a 3 milioni di anni fa, quando la Groenlandia ha cominciato ad essere ricoperta dai ghiacci; inoltre, mentre gli strati superficiali del ghiacciaio immediatamente sopra il cratere sembrano normali, gli strati più profondi, che hanno circa 12.000 anni, sono gravemente deformati. Anche la risposta degli strati rocciosi ai segnali radar è indicativa: non risultano “lisci” come se fossero stati levigati dal passaggio di ghiacci millenari, ma altamente corrugati, una conformazione compatibile con l’ipotesi dell’impatto. Furono anche raccolti ed analizzati campioni di sabbie alluvionali riportati in alto dall’acqua di scioglimento, e questi campioni mostrano inequivocabilmente sferule di vetro (si formano ad altissime temperature e pressioni, molto superiori a quelle generate da un’eruzione vulcanica) e cristalli di quarzo con segni di shock tipici di quelli ritrovati in altre zone limitrofe a crateri da impatto.
Ma cosa provocherebbe un impatto simile in quella specifica zona e – se fosse confermato – proprio circa 13.000 anni fa? Ebbene, ci troviamo in un periodo della storia del clima sulla Terra piuttosto delicato. L’ultima glaciazione, la glaciazione di Wurm (da 115.000 a 11.700 anni fa) sta volgendo al termine, la megafauna pleistocenica, tra cui i giganteschi Mammuth, sta dando segni di sofferenza, incamminandosi verso la sua inevitabile estinzione. Inoltre, le prime popolazioni si stavano diffondendo tramite lo stretto di Bering nel continente nordamericano. Ci troviamo proprio, secondo alcune stime, a 12.800 anni fa, periodo in cui comincia una fase in controtendenza, chiamata Dryas recente, che ha diversi indicatori stratigrafici in tutta la Groenlandia e che è caratterizzata da un raffreddamento repentino (le temperature si abbassarono in pochi decenni in media di 8° C) che durerà poco più di un migliaio di anni.
Fig. 2. Grani di quarzo scioccati provenienti dal campione di sedimenti glacio-fluviali HW21-2016. Microfotografie e immagini al microscopio elettronico a scansione e immagini ottenute con il rivelatore di elettroni retrodiffusi. Si notano chiaramente i segni di shock dovuti alle elevate temperature e pressioni.
Se la scoperta verrà confermata, quindi, il cratere sotto il ghiacciaio di Hiawatha potrebbe costituire un nuovo importante supporto per la controversa teoria dell’impatto cosmico del Dryas recente, forse più conosciuta al pubblico come l’ipotesi della Cometa di Clovis. Proviamo a spiegarla in breve. Già nel 2007 alcuni ricercatori proposero una teoria che chiamava in causa un impatto extraterrestre per spiegare il raffreddamento del Dryas recente, complici anche alcuni ritrovamenti indiziari di sferule di vetro a forma di goccia in Pennsylvania ed in Siria che si facevano risalire ad un impatto avvenuto probabilmente in Quebec proprio verso la fine del Wurm. In quelle sferule fu cercato osmio, raro nella crosta terrestre ma abbondante nei meteoriti, e non ne fu trovato. Ma la loro forma a goccia indicava un raffreddamento in volo, e si provò allora a cercare platino, molto più abbondante dell’iridio in meteoriti ferrosi di un tipo particolare, quelli di ferro magmatico. Ebbene, il platino si trovò, ed un’ulteriore conferma, inaspettata, venne dallo studio di alcune carote di ghiaccio prelevate in Groenlandia, che proprio intorno a 12.900 anni fa mostrano un picco di platino che aumenta nei venti anni successivi per poi improvvisamente cessare, proprio il comportamento che ci si aspetterebbe dopo un impatto e dopo il successivo fallout di polveri. Non solo, l’impatto spiegherebbe anche abbastanza semplicemente l’inversione del clima, da una fase di riscaldamento e scioglimento dei ghiacciai, ad un raffreddamento repentino. Il clima del continente nordamericano e della Groenlandia è pesantemente condizionato dalla corrente del golfo. Descritto in maniera semplice, il suo funzionamento è il seguente: la corrente che parte dall’oceano Atlantico, nelle vicinanze del Golfo del Messico, e procede verso nord si scalda e porta quindi con se acqua calda in superficie. Questa, salendo verso latitudini più elevate, si raffredda e diventa sempre più salata per evaporazione; la sua densità aumenta e tende quindi a scendere in profondità, mettendo in moto una sorta di nastro trasportatore, una corrente convettiva. L’impatto in Groenlandia avrebbe riversato nell’oceano Artico una gran quantità di acqua dolce di fusione. Questa, più leggera e meno densa dell’acqua proveniente dall’Atlantico equatoriale con la corrente del Golfo, avrebbe facilmente interrotto la catena di eventi retta dalla corrente del Golfo che regola il clima globale, provocando il lungo periodo di raffreddamento.
L’ipotesi del meteorite così prospettata, con la ricaduta di frammenti infuocati prodotti dall’impatto stesso, spiegherebbe altrettanto bene i catastrofici incendi che funestarono in quel periodo tutto il continente nordamericano e che portarono all’estinzione sia della megafauna plestocenica che della cultura Clovis.
Gli scienziati non sono tutti concordi con questa successione di eventi. Per la verità molti non credono neanche che le prove presentate dai ricercatori siano definitive nell’attribuire al bacino sotto il ghiacciaio Hiawatha un’origine da impatto. Per una risposta definitiva, bisognerà perforare quasi un kilometro di ghiaccio per raccogliere materiale direttamente dal cratere, per studiarne le caratteristiche ed effettuarne una precisa datazione.