Ogni anno, agli inizi di luglio, la Terra si trova nel punto della sua orbita più lontano dal Sole. Nel corso del 2023 questo punto, chiamato afelio, si raggiungerà nella serata del 6 luglio, quando ci troveremo a 1.017 Unità Astronomiche dalla nostra stella, e siccome 1 UA = 149.597.870 km, saremo a circa 152.093.312 km dal Sole. Agli inizi di gennaio, invece, quando la Terra ha raggiunto il perielio, ovvero il punto della nostra orbita ellittica (ma molto vicino ad essere circolare) più prossimo al Sole, tale distanza era pari a 147.098.836 km. Quindi una differenza di appena 5 milioni di km (4.994.476 km, ad essere precisi), poco più del 3% tra punto più vicino e punto più lontano. Ma forse, leggendo queste righe, avrete notato un altro piccolo particolare, e cioè che siamo più vicini al Sole in pieno inverno (inizi di gennaio) e più lontani in piena estate (inizi di luglio).
Di sicuro c’è qualquadra che non cosa… ma cosa?
Il solstizio estivo per l’emisfero boreale. Si vede chiaramente come l’asse di rotazione terrestre si protenda verso il Sole e la radiazione incidente proveniente dalla nostra stella sia perpendicolare, in questo particolare giorno, ad un circolo immaginario chiamato Tropico del Cancro.
Il fatto è che la temperatura (più correttamente, le stagioni) non dipendono dalla vicinanza o dalla lontananza del Sole, perché come visto la variazione di distanza è piccola e non giustifica 30 gradi di differenza tra i 10 di gennaio e i 40 di questi giorni, ma dipendono dall’inclinazione dell’asse terrestre, l’asse di rotazione del nostro pianeta. In questo periodo, infatti, come abbiamo visto nell’articolo riguardante il solstizio estivo, l’emisfero boreale (il nostro, quello a nord dell’equatore) è rivolto verso il Sole, e i raggi solari divengono perpendicolari ad un parallelo immaginario che chiamiamo Tropico del Cancro e che si trova 23° e 27′ (proprio l’inclinazione dell’asse terrestre sul piano dell’orbita) più a nord dell’equatore. Ciò implica che l’irraggiamento diventi più efficiente, come ben sa chi ha provato a dar fuoco a qualcosa con una lente d’ingrandimento.
Non solo, ma anche le ore di luce sono maggiori, perché il Sole permane in cielo più a lungo (in Italia l’illuminazione diurna, nel solstizio estivo, dura una quindicina di ore) e scalda di più la superficie terrestre (e marina) esposta. Non solo, ma al solstizio ci si arriva progressivamente (e aumenta progressivamente anche il riscaldamento), così come progressivamente diminuiscono le ore di irraggiamento (continuando a riscaldare). Un esempio: dall’inizio alla fine di luglio si perdono solo 43 minuti di irraggiamento solare…
Ma allora perché non sentiamo più caldo avvicinandoci al solstizio e meno allontanandocene? Cioè, perché il culmine del calore estivo si raggiunge in media a luglio/agosto e non invece il 21 giugno? Ciò avviene per lo stesso motivo per il quale il freddo maggiore si ha in media a febbraio e non a dicembre, o vicino all’alba e non al centro della notte (così come il calore diurno si ha verso le 15 e non alle 12 quando il Sole è a picco) e cioè per l’inerzia termica del suolo, dell’atmosfera e soprattutto dell’acqua dei mari e degli oceani. Il suolo impiega circa 5 settimane per accumulare calore e cederlo agli strati superiori dell’atmosfera, il mare (ovviamente quelli meno estesi ci mettono meno) addirittura 7 settimane, come ben sa chi ha provato a mettere i piedi a mare in giugno e ci riprova poi in agosto. L’acqua nei mari e negli oceani assorbe in estate una grande quantità di calore dal Sole e dall’aria, ed è per questo che nei luoghi che si trovano vicino a grandi specchi d’acqua, l’estate non è così calda (e l’inverno non è così freddo) come in luoghi lontani dall’acqua.
LA CAPACITA’ TERMICA E IL CALORE SPECIFICO
Benvenuti dunque nel meraviglioso mondo della capacità termica e del calore specifico, ovvero quegli affascinanti fenomeni che ci permettono, ad esempio, di nuotare in acque tiepide nelle notti estive o di avere un inverno più mite vicino alle coste e non nelle zone interne. La capacità termica si definisce come il rapporto fra il calore scambiato tra il corpo e l’ambiente e la variazione di temperatura conseguente, mentre il calore specifico come la quantità di calore necessario ad innalzare di un grado la temperatura di un kg di sostanza. Ebbene, se scaldassimo una uguale massa di atmosfera e di oceano, noteremo che il calore specifico di quest’ultimo è circa 4 volte maggiore, che ci vuole cioè una quantità di calore 4 volte maggiore per scaldare l’oceano rispetto all’aria. Ovviamente, ciò vale anche per il rilascio del calore accumulato, che è molto più lento per gli oceani che per le superfici emerse. Ed è questo il motivo per il quale sperimentiamo un calore maggiore a 5-7 settimane dal solstizio.
Una piccola curiosità: abbiamo detto che se scaldassimo una uguale massa di atmosfera e di oceano, noteremo che il calore specifico di quest’ultimo è circa 4 volte maggiore. Ma a parità di volume, cioè prendendo ad esempio un metro cubo di atmosfera e un metro cubo di oceano, vedremo che il calore specifico di quest’ultimo è circa 4000 volte maggiore. Infatti, il calore necessario per riscaldare l’intera atmosfera terrestre di un solo grado centigrado non basterebbe a scaldare di un grado i primi tre metri e mezzo di spessore di tutti gli oceani del mondo. Ed ecco perché lasciare immagazzinare troppo calore agli oceani ha un effetto devastante – e a lunghissimo termine – su tutto il clima terrestre.
Ma questo è un altro tristissimo tema…